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![]() IMMIGRAZIONE STRANIERA IN ITALIA I flussi migratori diretti verso il nostro paese costituiscono uno degli eventi sociodemografici di maggior rilievo degli ultimi decenni del Novecento. Da tipico paese di emigrazione, infatti, l'Italia si andò caratterizzando dagli anni settanta del Novecento, ma con maggiore intensità negli anni ottanta, quale terra di immigrazione. Nonostante la rilevanza del fenomeno e la portata delle sue conseguenze, non si può affermare che esistano esaurienti elementi di conoscenza circa la reale entità e le caratteristiche strutturali della presenza straniera in Italia. Secondo la documentazione ufficiale, si possono seguire tre direttrici che corrispondono alle fonti disponibili: i permessi di soggiorno rilasciati a qualunque titolo dalle questure, i dati sulla popolazione residente forniti dai censimenti e dalle anagrafi comunali e le regolarizzazioni di pregresse situazioni lavorative irregolari avvenute ai sensi delle due sanatorie emanate dal ministero degli Interni nel 1986 e nel 1990. Quindi, mentre da un lato le informazioni esistenti si sovrappongono, dall'altro non consentono l'individuazione di un'importante componente della compagine migratoria, quella clandestina, costituita da individui che, pur non avendo i requisiti richiesti dalla legge, dimorano sul territorio italiano. Tralasciando i clandestini, sulla cui consistenza sono state tentate numerose stime, spesso tra loro discordanti, l'analisi delle fonti elencate mostra come l'immigrazione straniera in Italia sia stata particolarmente consistente a partire dal 1980: in soli dieci anni fu più che raddoppiata la consistenza numerica tanto dei soggiornanti (divenuti circa 600-700.000) quanto dei residenti (400-450.000). I regolarizzati ai sensi delle due sanatorie furono, rispettivamente, 120-150.000 e oltre 200 mila. La composizione etnica della corrente migratoria vide aumentare, a scapito degli immigrati tradizionali nel nostro paese (europei e latinoamericani) e in maniera sempre più consistente col passare del tempo, gli stranieri provenienti dai paesi del terzo mondo e detti comunemente "extracomunitari" in quanto non appartenenti alla Cee, costretti ad abbandonare la propria patria per il grave e persistente squilibrio tra crescita demografica e sviluppo economico. Le regioni più interessate dal fenomeno migratorio risultavano essere il Lazio e la Lombardia. Per comprendere le dimensioni del fenomeno e valutarne le conseguenze è opportuno comunque inquadrarlo nel contesto più ampio dei flussi migratori che investirono l'Europa, e soprattutto la sua parte meridionale, nel corso di tutti gli anni novanta. A fianco di un'immigrazione clandestina, vi erano altri tre filoni di immigrazione all'interno dell'Unione europea: quella dei lavoratori stranieri con regolare permesso di soggiorno, quella di coloro che chiedevano l'ammissione per ricongiungimento famigliare e quello dei rifugiati che chiedevano asilo politico. Secondo le stime delle principali organizzazioni internazionali a fine anni novanta vi erano nel mondo 130 milioni di individui che per varie ragioni abbandonavano la patria per un altro paese (un quinto di costoro si trovava in Europa). In Italia tra il 1990 e il 1995 il saldo migratorio era di 300 mila unità, e la penisola si collocava al ventesimo posto nella graduatoria mondiale. Il numero di immigrati aumentò del 7% tra il 1994 e il 1996 fino a che, al 1° gennaio 1998, la presenza di immigrati raggiunse 1.240.721 individui, secondo le stime dell'ottavo Rapporto sull'immigrazione della Caritas. Tale presenza era assai variegata e frazionata, un intreccio di culture, di religioni e costumi diversi: il 40% proveniva da un paese comunitario (per cui sarebbe improprio il termine di immigrazione), gli africani sfioravano il 30% (due terzi dal Nord Africa), la parte restante proveniva dai paesi dell'Est e da quelli balcanici. L'accoglimento delle masse di profughi provenienti da questi paesi dopo il crollo del muro di Berlino, e in seguito alla guerra civile nella ex Iugoslavia, pose numerosi problemi di convivenza e di inserimento nel tessuto sociale italiano, e se da un lato sottostava a considerazioni di opportunità politica e solidarietà internazionale, dall'altro rispondeva a criteri prevalentemente economici, supplendo la manodopera straniera a una carenza endemica di lavoratori in attività particolarmente faticose e poco remunerative. ![]() G. Cocchi, a c. di, Stranieri in Italia: caratteri e tendenze dell'immigrazione dai paesi extracomunitari, Istituto di studi e ricerche Carlo Cattaneo, Bologna 1990. |
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